Booking.com

Сказка о царе Салтане. Пушкин. Перевод на итальянский язык.

Разместить рекламу на «Италия по-русски»
Изображение пользователя Владиславовна.

Tanti tanti anni fa, durante un freddo inverno, la neve era caduta abbondante su un lontano villaggio sperduto nella steppa russa. Dentro le isbe quasi sepolte sotto la coltre bianca, la gente ingannava il tempo chiacchierando; le donne filavano e tessevano accanto alla stufa.
In una di queste casette costruite con tronchi d’albero, tre sorelle in compagnia di una vecchia parente di nome Barbaricha, parlavano del più e del meno: facevano progetti, sognavano, spettegolavano...

 

- Se un giorno sposassi lo zar, che felicità! - sospirò la maggiore che aveva l’hobby della cucina - Darei grandi feste, cucinerei piatti squisiti per tutti i sudditi dell’impero.

 

- Io, se diventassi zarina, tesserei stoffe finissime con fili d’oro e d’argento - disse la seconda sorella.

La minore delle tre, Militrissa, sorrise dolcemente, fissò lo sguardo lontano, oltre la finestrella carica di neve. Era molto bella, bionda, fine, aveva occhi color del cielo sereno:

 

 

- Se diventassi zarina, vorrei dare al mio sovrano un figlio: forte, bello, valoroso.

Le tre sorelle risero:

- Ma guarda un po’ che cosa va a pensare questa sciocchina!

 

 

 

In quel preciso momento la porta dell’isba si aprì cautamente e nel vano apparve, alto, solenne, ammantato di candido ermellino, lo zar Saltan in persona.
Le donne si inchinarono profondamente.

- Passavo di qua per caso - sorrise lo zar - e ho udito i vostri discorsi. Ho pensato che mi andate bene tutte e tre. Sposerò Militrisssa e avrò un erede; una di voi sarà cuoca di corte e l’altra tessitrice, preparerete pranzi succulenti e tesserete stoffe preziose. Andiamo, Militrissa, la mia slitta aspetta qua fuori, si va alla reggia.

Porse il braccio alla fanciulla, che, stordita e felice, non riusciva a spiccicare parola.
Le due sorelle, gialle d’invidia, per la fortuna toccata a Militrissa, si diedero a camminare rabbiosamente su e giù per la stanza.

- Calma, calma - intervenne la vecchia Barbaricha. - C’è rimedio a tutto. State buone, lasciatemi pensare...

Stette un po’ soprappensiero e poi annunciò:

 

 

- Ecco il mio piano. Come sapete, gli zar sono sempre occupati a fare le guerre per difendere il regno dei nemici e conquistare nuove terre. È quindi cosa certa che quando Militrissa darà alla luce il suo principino, lo zar Saltan starà combattendo in terre lontane. Militrissa dovrà quindi mandare al consorte un messaggio per comunicargli il lieto evento. E allora sapete che faremo? Inviteremo l’uomo in caricato di portare il messaggio, lo stordiremo di chiacchiere, lo ubriacheremo di vodka, gli porteremo via la lettera di Militrissa e la sostituiremo con un’altra dove avremo scritto: “Sire! La zarina, in vostra assenza, ha dato alla luce una creatura, ma ahimè! è un piccolo mostriciattolo che somiglia a un topo, a una rana, a un porcellino. Davvero non si capisce bene che cosa sia.” Vi immaginate la faccia dello zar, e che cosa dirà? Andrà su tutte le furie. Che bello scherzo, eh?

Le tre stupide donne scoppiarono in una gran risata: - Ah... ah...

 

 

***

Il tempo passò. Come Barbaricha aveva previsto, il principino Guidon nacque mentre lo zar Saltan si trovava a combattere in un lontano paese asiatico.

Era un bellissimo bambino: cresceva in fretta, non stava già più nella culla, saltava e sgambettava e faceva disperare le bambinaie che avevano un bel da fare a corrergli dietro.
Militrissa, sorridendo, seguiva con lo sguardo il suo tesoro, ma un velo di tristezza le adombrava il bel viso. Non riusciva a spiegarsi il silenzio dello zar: aveva mandato al suo regale sposo una lunga lettera, esultando gli aveva comunicato che era diventato padre di uno splendido maschietto, ma lo zar non aveva ancora risposto. Come mai tardava tanto a rallegrarsi e a dare disposizioni per i festeggiamenti? Perché non annunciava il suo ritorno?

(Il perché di tutto bel lo sapevano le cattive sorelle e la perfida Barbaricha che aveva sostituito la lettera della zarina, dopo aver fatto ubriacare il messaggero... Ma anche loro erano ansiose: come mai il messaggero tardava tanto a tornare con la risposta?)

***

 

 

Finalmente il messaggero arrivò, stanco, stordito, avvilito. Spiegò con frasi mozze che, quando aveva consegnato al sovrano la lettera della zarina, egli aveva dato in escandescenze, aveva gridato, minacciato di morte mezzo mondo, voleva far impiccare anche lui, povero messaggero senza colpa alcuna. Alla fine lo aveva risparmiato soltanto perché rifacesse il viaggio e tornasse a corte a portare il suo ordine. Un terribile, crudele ordine. Questo:

La zarina e il suo piccolo mostro vengano rinchiusi in una capace botte. La botte venga sigillata, poi buttata in mare.

La povera Militrissa, allibita, dopo aver letto il messaggio, scoppiò in un pianto dirotto:

- Saltan, mio sposo adorato - singhiozzava - perché tanta crudeltà? Perché rifiuti di vedere tuo figlio? Perché ci condanni entrambi a sicura morte? Che male abbiamo commesso?

I principi, i cavalieri, le bambinaie, tutto il popolo piangeva: amavano tutti la loro bella, dolce sovrana, erano tutti orgogliosi di Guidon, il bellissimo erede al trono.
Le sorelle e Barbaricha, ipocritamente, compiansero la zarina:

- Ci dispiace tanto, povera Militrissa. Hai sposato un uomo crudele, e adesso che cosa cuoi fare? Gli ordini sono ordini... Povera cara, starai stretta in una botte, e al buio, per di più... Che destino amaro, il tuo....

*** I servitori portarono la botte. Militrissa, abbracciando il bambino, si accinse a entrarvi, ma prima volle rivolgere all’onda marina una preghiera: - Onda chiara e capricciosa, onda che rotoli libera, onda che batti le spiagge, onda che sostieni i vascelli, ti prego, siano clementi con noi i tuoi flutti, portaci a una qualsiasi riva, salvaci, onda gentile e bella!... Barbaricha malignamente sorrise: - Già, come se l’onda potesse ascoltarti, ingenua Militrissa... La zarina entrò per prima nella botte, vi si accucciò, raccolse Guidon tra le braccia, mentre i sudditi, piangendo, la salutavano così: - Nostra amata zarina, così buona, così generosa, perché abbandoni il tuo popolo che ti ama tanto? Che cosa sarà di noi? Chi ci difenderà? Non ci basteranno gli occhi per piangere tutte le nostre lacrime! (In disparte, le due sorelle e Barbaricha borbottavano: - Cosa fatta, capo ha. Non avremo più fastidi, saremo libere...)

  Ploff... Ploff. La botte, ora trasportata lentamente, ora travolta dalle onde di un mare infuriato, dopo un lungo viaggio approdò finalmente sulla terraferma. Storditi, ma per fortuna sani e salvi, anche se un po’ ammaccati, madre e figlio rividero la luce.
Guidon, al colmo della gioia, gridò:

- Mamma, non pianger più. Siamo vivi, siamo salvi e liberi. Asciuga le lacrime.

(Nelle fiabe il tempo trascorre in modo... fiabesco: durante il viaggio avventuroso dentro la botte, Guidon è diventato un baldo giovane).

Militrissa si guardò intorno sconfortata: l’isola di Bujan, dove si trovavano, era soltanto un ammasso di pietre quasi privo di vegetazione, soltanto una stenta quercia era cresciuta sull’arido suolo.

- Che importa, mamma! C’è il sole e ci sorride, come se il buon Dio si fosse affacciato alla finestra del Paradiso per darci il benvenuto. E poi c’è il mare, senti come mormora dolcemente, ci è amico. Il vento carezza le erbe e poi, guarda, ci sono anche tanti piccoli fiori.

- Sono nontiscordardime - suggerì con un lieve sorriso Militrissa.

- Ci sono anche fiori che volano, forse sono minuscoli lembi strappati dal vento al mantello di Dio - s’entusiasmò Guidon.

- Non sono fiori, sono farfalle - precisò Militrissa.

- Oh, sì, saremo felici su quest’isola. Dio non ci abbandonerà - gridò il principino entusiasta.

Militrissa sospirò, volse gli occhi al cielo:

- Signore, ti prego – supplicò – proteggi il mio ragazzo. Non importa se non avrà più mantelli di pelliccia e morbidi letti di piume, né cibi raffinati. Aiutalo a trovare un po’ di cibo.

- Non preoccuparti, mamma, penserò io a tutto. Guarda, con un ramo di questa quercia e il cordone della croce che porto al collo costruisco un arco. E questo pezzetto di canna andrà benissimo come freccia, troverò sicuramente un po’ di selvaggina.

Aveva appena pronunziato queste parole che s’udì nell’aria lo stridio di un uccello rapace.

- Un nibbio! - gridò Guidon - Eccolo là, sta per avventarsi su un maestoso cigno che solca tranquillamente le acque. Povero cigno, guarda come sbatte le ali, impaurito.
Veloce come un lampo, Guidon incoccò la freccia, prese la mira:

- Colpito!

Il nibbio precipitò velocemente, affondò nel mare.

- Il bel cigno è salvo! - esultò il ragazzo - Non importa se ho perduto la mia freccia.

Improvvisamente il candido cigno fece sentire la sua voce: una dove voce di fanciulla:

- Nobile principe, non rimpiangere la freccia perduta. Saprò ricompensarti, perché in realtà tu non hai salvato un cigno, ma hai liberato una principessa da un incantesimo. Il nibbio che hai ucciso era un cattivo mago. Abbi fiducia, mio salvatore, non dimenticherò ciò che hai fatto. Ora riposati, dormi; ti prometto una piacevole sorpresa per il tuo risveglio.

Detto questo, il cigno s’inabissò nel mare, scomparve.

 

 

- Grazie, stupendo cigno - gridò Guidon - per farti piacere abbatterò tutti i nibbi del mondo, mi basta che tu me lo comandi. E ci riuscirò, anche se era la prima volta che maneggiavo un arco.

- Strano - si meravigliò Militrissa - il cigno ha parlato la nostra lingua. Ma aveva ragione, conviene dormire, il sole è tramontato da un pezzo. Ed io sono stanchissima dopo tante emozioni, Anche tu devi essere sfinito. Stenditi, ti sosterrò il capo durante il sonno. Chiudi gli occhi, lasciati cullare dal mormorio del mare.

Guidon però non riuscì ad abbandonarsi subito al sonno, un pensiero lo angustiava:

- Perché, mamma, mio padre ci ha così crudelmente puniti?

 

 

Militrissa sospirò:

- Vorrei tanto saperlo... Ah, sposo mio, perché non mi rispondi? Tu mi amavi, siamo stati felici per tre stupende settimane, poi sei partito per la guerra e mi hai lasciato sola. Che cosa è accaduto nel tuo cuore? Perché ti sei adirato contro di noi e hai ordinato di precipitarci in mare chiusi in quell’orribile botte? Saltan, amato sposo, come hai potuto essere così crudele?

Cullato dalla voce e dalle carezze materne, Guidon pian piano chiuse gli occhi e anche Militrissa si assopì, vinta dalla stanchezza e dal dolore.

 

 

***

Calò la notte, qualche stellina si accese sul velluto turchino del cielo. Passarono lente le ore e in un velo di nebbia il giorno tornò.
Guidon aprì gli occhi e sbigottì. Di tra la nebbia era sorta dal mare una splendida città con bellissimi palazzi, chiese imponenti con cupole d’oro.

- Mamma, mamma! - chiamò concitatamente - È accaduto un prodigio: dove non c’era nulla, ecco ora una grande città, mura merlate, tetti dorati, giardini... E laggiù il mio bel cigno che sbatte le ali come se applaudisse. E quanta gente affolla l’isola! Ma che cosa è accaduto?

Militrissa si guardava attorno stupita:

- Vedo. Una gran folla sta venendo verso di noi, e le campane delle chiese suonano a distesa. ma da dove arriva tutta questa gente e che cosa vuole da noi?

 

 

Facile spiegazione: la folla osannante era formata dagli abitanti della città che il cattivo mago coi suoi incantesimi aveva sprofondato in fondo al mare. Morto il mago per merito di Guidon, la città era riemersa con tutti i suoi abitanti. Esultanti, i cittadini volevano ringraziare il loro salvatore, eleggerlo re e offrirgli la corona:

- Regnerai sulle nostre terre, glorioso principe, saremo i tuoi sudditi devoti. Ti preghiamo, degnati accettare questa corona...

Confuso, stupito, Guidon esitava.

 

 

- Accetta, figlio mio - lo esortò Militrissa - sarai un buon sovrano.

- Viva, viva il nostro re! - gridò la folla entusiasta.

  ***

Altro tempo passò. Militrissa e Guidon vivevano in una magnifica reggia nella città sorta dal mare, ma non erano felici: ogni giorno Guidon si recava al porto, restava a lungo a scrutare l’opposta, lontana riva e pensava a suo padre: “Sarà tornato dalla guerra? Che cosa farà? Si sarà pentito di aver dato quell’ordine scellerato? Come vorrei conoscerlo, incontrarlo! Nonostante tutto è mio padre e io lo amo.”

Una nave correva veloce sulle onde, le grandi vele spiegate. Il nocchiero, dall’alto, scrutava l’orizzonte. A un tratto, un grido:

 


- Terra in vista!
I marinai si affollarono sul ponte.
- E’ l’isola deserta! L’isola della quercia! – gridò uno.
- E ora vi sorge una città, con torri e le mura merlate! Che strano prodigio è mai questo?
- Sentite? I cannoni sparano a salve per invitarci ad approdare. Presto, accostate! Gettare l’ancora!
I marinai scesero a terra e il principe Guidone mandò ambasciatori per invitarli a palazzo e fece preparare un banchetto.
- In cosa commerciate, ospiti? – chiese il principe.
- In pellicce e pietre preziose. Abbiamo viaggiato in lontane contrade, e ora stiamo tornando in patria, nella terra del glorioso zar Saltan.

 


A queste parole il principe Guidone trasalì.
- Che il mare vi trasporti quietamente e il vento vi possa sospingere fino in patria, naviganti – disse – E, là giunti recate il mio saluto allo zar Saltan.
I marinai risalirono sulla nave e ripartirono, mentre sulla riva il principe Guidone guardava sospirando le bianche vele che si allontanavano veloci sul mare.

 



  I marinai scesero a terra e il principe Guidone mandò ambasciatori per invitarli a palazzo e fece preparare un banchetto. - In cosa commerciate, ospiti? – chiese il principe. - In pellicce e pietre preziose. Abbiamo viaggiato in lontane contrade, e ora stiamo tornando in patria, nella terra del glorioso zar Saltan. A queste parole il principe Guidone trasalì. - Che il mare vi trasporti quietamente e il vento vi possa sospingere fino in patria, naviganti – disse – E, là giunti recate il mio saluto allo zar Saltan. I marinai risalirono sulla nave e ripartirono, mentre sulla riva il principe Guidone guardava sospirando le bianche vele che si allontanavano veloci sul mare. Un guizzo sull’acqua, uno scintillio di bollicine d’argento, una cascatella di candida spuma, ed ecco che la dolce principessa Cigno apparve sulla cresta dell’onda. - Salute a te, mio principe – ella disse. – Perché mai sei così triste e malinconico? - La nostalgia della mia terra e il desiderio di rivedere mio padre mi opprimono, cigno gentile. - Io sono in grado di alleviare il tuo dolore, principe. Non vorresti volare dietro alla nave fino alla tua terra e a tuo padre? Ebbene, farò in modo che il tuo desiderio venga esaudito: che tu sia trasformato in una zanzara! Il cigno scosse le ali e spruzzo il principe di mille goccioline d’argento.

 

Egli divenne fin quasi a scomparire … e si trasformò in uno zanzarino, che volò ronzando dietro la nave. La nave correva veloce su un mare tranquillo, sospinta da un allegro venticello. Il principe zanzarino la seguiva, volando sulla scia, con gli occhi rivolti alla sua patria. Ecco la terra! Ecco le bianche torri! I naviganti approdarono felicemente e una gran folla venne loro incontro per salutarli. Ad accoglierli c’erano anche i messaggeri dello zar che li invitarono a palazzo. Nella sala delle udienze lo zar Saltan sedeva sul trono con il volto malinconico e assente come se il suo pensiero vagasse lontano. Le due invidiose cognate e la comare Barbarica gli sedevano accanto in silenzio. Lo zanzarino fece un voletto affettuoso attorno al capo dello zar, poi si posò sulla sua manica sinistra. - Da quali paesi venite? – chiese lo zar. – Avete viaggiato a lungo?

 

Quali meraviglie avete visto nel grande mondo? - Molte cose straordinarie abbiamo viste. Strane usanze e incantevoli paesaggi. Ma la cosa più strana e meravigliosa è stata questa: dove un tempo sorgeva un’isola deserta, è sbocciata d’un tratto una bellissima città, con le cupole d’oro risplendenti al sole, i giardini profumati e una reggia grande e imponente. Vi regna il principe Guidone, che ti manda i suoi saluti. - Ma è un fatto veramente prodigioso! – esclamò lo zar Saltan. – Questa strana isola mi incuriosisce molto. Voglio proprio andare a vederla e a rendere visita al principe Guidone. Le tre donne si guardarono. Chi era mai questo principe Guidone? Nessuno ne aveva sentito parlare. - Ma che cosa c’è di tanto straordinario in quello che avete raccontato? – saltò su allora la sorella cuoca. – Io sì che conosco un posto dove succedono cose stupefacenti ….

 

E dopo una pausa, proseguì: - In un bosco di mia conoscenza c’è un abete, sotto l’abete c’è uno scoiattolo, lo scoiattolo canta canzoncine e sgranocchia continuamente noccioline. Le noccioline hanno il guscio d’oro e la mandorla di smeraldo. Lo zar, pieno di stupore, aveva già dimenticato la strana isola con le cupole splendenti. Allora lo zanzarino andò ronzando a pungere la cuoca sopra l’occhio destro. Potete immaginarvi il parapiglia che si scatenò! Tutti correvano, urlando, si sbracciavano per afferrare l’impudente zanzarino, ma questi fuggì via dalla finestra spalancata e se ne tornò alla sua terra. Alcune sere dopo, il principe, che aveva ripreso il suo aspetto umano, passeggiava sulle rive del mare, sospirando.

 

La luna mandava i suoi raggi sull’acqua. Ma ecco, i raggi s’intrecciano in modo bizzarro, disegnando un’ala, lungo collo, un cigno! - Salve, mio principe! – mormorò dolcemente la principessa Cigno – Perché passeggi triste e pensieroso sulle rive del mare? - Un desiderio irrealizzabile mi tormenta, cigno gentile. Laggiù, nella reggia di mio padre, ho udito parlare di un bosco dove vive uno scoiattolo che, cantando una canzoncina, sgranocchia noccioline d’oro purissimo che hanno l’interno di smeraldo. Io vorrei possedere questo scoiattolo, ma purtroppo ciò non può avverarsi. - Non rattristarti, mio principe. Ciò che desideri non è impossibile. Sono felice di poterti aiutare e di provarti la mia riconoscenza. Torna a casa e vedrai … Rasserenato, il principe Guidone ritornò a casa e … vi immaginate che cosa vide non appena ebbe varcato il cancello del suo giardino? Lo scoiattolo fatato che sgranocchiava allegramente noccioline e faceva tanti mucchietti dei gusci d’oro e dei frutti di smeraldo! I dignitari e le dame di corte lo guardavano con gli occhi spalancati per la meraviglia. Il principe batté le mani per la contentezza; ringraziò dentro di sé il cigno amico e fece costruire per lo scoiattolo una bellissima casetta di cristallo, con la vaschetta per fare il bagno, la spazzolina per pettinarsi la lunga coda e un’altalena per cullare i suoi sogni.

 

  La nave correva veloce sull’onda, sospinta dal vento. Il sole giocava con le sue vele e con il ponte, bruciate sotto i suoi raggi. Poi l’isola della quercia si delineò all’orizzonte e i cannoni a salve per invitare i naviganti a entrare nel porto. Ammessi nella reggia, i marinai chinarono la testa davanti al principe la testa davanti al principe Guidone. - Che nuove mi portate, ospiti? – chiese il principe. – Da quale terra venite e dove state andando? - Siamo andati in lontani paesi e abbiamo commerciato in cavalli; ora stiamo navigando verso la terra di Saltan, nostro zar. - Vi auguro che la vostra nave giunga felicemente in porto, naviganti. E, non appena sarete in patria, vi prego, non dimenticate di dire allo zar Saltan che il principe Guidone gli manda il suo saluto. Gli ospiti si accomiatarono da lui e ripartirono sulla loro nave. Guidone andò a passeggiare sulla riva del mare, fissando lo sguardo sulle bianche vele che si allontanavano. Il cigno si avvicinò silenziosamente al giovane e gli disse: - Che hai, mio principe? Perché te ne stai qui solo soletto e sospiri? Che cosa ti affligge questa volta? - Una grande nostalgia mi punge il cuore. Vorrei volare via come quella nave,

 

sulla cresta dell’onda, verso la mia patria e mio padre, ma non ho ali che mi trasportino. Il principe non aveva ancora finito di parlare che già la principessa Cigno aveva scosso le ali ed egli si era trasformato in un ronzante moscone. - Addio, cigno gentile! E grazie! – e il principe moscone andò a posarsi sull’albero maestro. [ lo zar e i marinai] La nave correva veloce sull’onda e già entrava nel porto. I naviganti furono invitati a reggia dallo zar Saltan e il nostro audace moscone volò dentro con loro. Lo zar era seduto su un trono tutto d’oro, aveva in capo una corona risplendente di pietre preziose, ma il suo sguardo era triste. Accanto a lui, come sempre, erano sedute le due cognate e la comare Barbarica. - Da dove venite, naviganti? – chiese lo zar Saltan. – Avete fatto buon viaggio? Che novità vi sono nel mondo? - Abbiamo visto cose meravigliose, sire, ma la più meravigliosa di tutte è stata questa: in mezzo al mare vi è un’isola in cui è sorta all’improvviso una città dalle cupole risplendenti. Nel giardino della reggia cresce un abete: sotto l’abete c’è uno scoiattolo che canta una canzoncina e sgranocchia noccioline i cui gusci sono d’oro e i cui frutti sono di smeraldo.

 

Lo scoiattolo vive in una casetta di cristallo. Con i gusci gli isolani coniano monete e gli smeraldi vengono distribuiti agli abitanti. Signore di quest’isola è il principe Guidone, che ti manda il suo saluto e ti invita nella sua terra. L’animo dello zar si riempì di stupore ed egli esclamò: - Allestitemi una flotta. Voglio andare a vedere quest’isola incantata e a far visita al principe Guidone. Ma le due sorelle e la comare Barbarica si guardarono sospettose. Chi era mai questo principe Guidone? - Che gran cose raccontate! – esclamò con voce rauca la tessitrice. – Ma che cosa c’è di tanto strano nel fatto che uno scoiattolo sgranocchi noccioline d’oro? Vi racconterò io un fatto molto strano più strabiliante. Nella sala si fece improvvisamente un gran silenzio. La tessitrice proseguì cantilenando: - Sulle rive di un mare lontano, agli estremi confini della terra, si dice succeda questo strano fenomeno; percorso da un vento di tempesta, il mare ribolle, schiumeggia, si gonfia; dalle sue acque sorgono infine trentatre guerrieri alti e forti e armati fino ai denti, ricoperti di squame lucenti. E alla loro testa c’è l’antico eroe Tcernomor. Questo si che è un prodigio unico al mondo! Tutti ammutolirono per la meraviglia e lo zar Saltan era già dimenticato dell’isola della quercia. Il moscone allora s’infuriò e, ronzando sul capo della tessitrice, la punse sotto l’occhio sinistro. - Uccidetelo! – urlavano tutti. – Presto, acchiappatelo! Non lasciatelo scappare ! di qua! No, di là!

 

  Ma il principe moscone fuggì via veloce attraverso la finestra e se ne tornò alla sua terra. La sera, dopo il tramonto, il principe Guidone andava sulle rive del mare. Nuotando silenziosamente, gli s’accostò ancora una volta la dolce principessa Cigno. - Che hai, mio principe? – mormorò. – Perché passeggi triste e pensieroso sulla riva del mare? Perché guardi l’orizzonte e sospiri? Che cosa c’è che non va? - Un grande desiderio mi riempie il cuore gentile. Ho sentito dire che vi è un luogo nel mondo in cui il mare, percosso da un vento di tempesta, ribolle, schiumeggia e infine lascia uscire dalle sue acque trentatré guerrieri alti e forti armati fino ai denti, ricoperti di squame lucenti. E alla loro testa c’è l’antico eroe Tcernomor.

 

Oh, come vorrei poter vedere con i miei occhi questo strano prodigio! Ma purtroppo non potrò mai realizzare questo desiderio … - Non rattristarti, mio principe. Io posso aiutarti a realizzare il tuo desiderio. Quei guerrieri del mare sono miei fratelli. Torna a casa tranquillo e attendi … Il principe tornò a casa rasserenato e salì in cima alla più alta torre, fissando lo sguardo sul mare. A un tratto un soffio di tempesta sconvolse il mare, che ribolle, schiumeggia, si gonfia, poi lascia sulla sabbia trentatré fortissimi guerrieri, rivestiti di squame lucenti. I guerrieri avanzano in fila, le armi in pugno, e innanzi a tutti va l’antico eroe Tcernomor. Guidone si precipitò giù dalle scale e corse incontro agli ospiti. Le guardie spalancarono i cancelli della città per fare entrare i trentatré guerrieri. I guerrieri entrarono con il capo fieramente eretto, e le loro squame mandavano bagliori sinistri. Il capo, Tcernomor, si presentò al principe Guidone.

 



  " - La principessa Cigno, nostra sorella, ci ha mandato da te, affinché sorvegliamo la tua gloriosa città. Tutti i giorni, alla stessa ora, noi emergeremo dalle acque e monteremo la guardia alle mura. Così voi potete riposare tranquilli. A domani, dunque! E i guerrieri scomparvero nuovamente nel fondo marino. La nave correva veloce sul mare, un vento leggiero increspava le onde. Ecco apparire l’isola dalle cupole splendenti! I cannoni spararono a salve, invitando il veliero a entrare nel porto. Ecco i naviganti davanti al principe Guidone. - Da dove venite. Ospiti, e dove state andando? In cosa avete

 

commerciato? In pellicce, in cavalli o in pietre preziose? - In corazze, principe, e in oro zecchino. E ora stiamo tornando nella nostra patria, dove regna lo zar Saltan. - Che un vento amico sospinga la vostra nave e che possiate giungere in patria sani e salvi. Porgete, vi prego, i miei saluti allo zar Saltan. I marinai tornarono sulla nave e ripartirono e il principe Guidone rimase sul lido, con lo sguardo fisso alle bianche vele che s’allontanavano. Un guizzo sull’acqua, uno scintillio di piume bianche e ancora una volta il cigno apparve sulla cresta dell’onda. - Che hai, mio principe, che te ne stai qui tutto solo soletto a sospirare, e guardi la nave che si allontana in fretta sul mare? - Una pena infinita mi opprime, cigno gentile. La mia anima vorrebbe volar via … Un breve sbatter d’ali, uno spruzzo di argentee goccioline e il principe, trasformato in calabrone, volò via ronzando sulla scia della nave. Scese la notte punteggiata di stelle, poi sorse un nuovo giorno. Il calabrone continuava a volar dietro la nave e i grandi uccelli del mare lo guardavano stupiti. Laggiù, il porto sicuro attendeva la nave che si avvicinava a vele spiegate.

 

Ecco, la nave entra in porto, i cancelli della reggia si spalancano, giungono i naviganti scortati dalle guardie d’onore, e dietro di loro vola il calabrone. Lo zar Saltan sedeva sul trono d’oro lucente, ma un pensiero tormentoso gli oscurava il volto. Egli ricevette con tutti gli onori i naviganti, li invitò alla sua tavola, poi prese a interrogarli: - Ditemi, ospiti, quali terre avete visitate? Quali nuove meraviglie avete visto nel vasto mondo? - Siamo andati in lontane contrade, sire, e abbiamo visto molte meraviglie, ma la meraviglia più grande è stata questa: su un’isola un tempo deserta sorge ora una città in cui ogni giorno accede uno strano prodigio. Il mare ribolle e schiumeggia, scagliando le sue onde sul lido, e dalla spuma delle onde emergono trentatré guerrieri alti, forti e ben armati, guidati dall’antico eroe Tcernomor. Essi avanzano verso le mura della città e montano la guardia all’isola, rimanendo dritti e immobili fino al calare del sole. Solo allora rientrano ne mare. Signore di quest’isola è il principe Guidone, che ti manda il suo saluto più affettuoso. »

 



  Lo zar Saltan si sentì preso da grande meraviglia ed esclamò: - Presto allestitemi una flotta! Voglio recarmi nell’isola misteriosa a fare visita al principe Guidone. Ma le due invidiose sorelle e la comare Barbarica si guardarono bieche in volto. Chi era dunque questo misterioso principe Guidone? E se fosse stato? … No, lo zar non doveva assolutamente andare a fargli visita! - Non stare ad ascoltare questa gente, mio zar! – esclamò allora la vecchia comare Barbarica. – che cosa c’è di tanto strano se i guerrieri escono dal mare e montano la guardia a una città? Ora ti racconterò io un fatto molto più straordinario. Al di là dei mari, in una terra sconosciuta, dicono che viva una principessa bellissima. Di giorno ella offusca col suo splendore la luce del sole e di notte illumina la terra. Nelle sue trecce nerissime splende una falce di luna e sulla sua candida fronte brilla una stella. Tanta è la sua grazia nel camminare che pare un cigno che scivoli sull’acqua,

 

e la sua voce sembra il canto della sorgente. Tutti ascoltavano incantati. Ma a un tratto si udì un grido: il calabrone aveva punto il naso della comare Barbarica, poi era volato via in gran fretta. La sera era scesa sul mare e sulla terra. I raggi della luna giocavano con le onde increspate dal vento. Pensieroso, il principe Guidone s’aggirava sulla spiaggia. - Che hai, mio principe, per aggirarti così triste e malinconico? – mormorava il cigno avvicinandosi. – Quale altro desiderio ti accora? - Un desiderio ancora più grande degli altri, mio cigno, ma ancora più difficile da realizzare. Laggiù, nella reggia di mio padre, ho sentito parlare di una fanciulla di meraviglia bellezza, che di giorno offusca col suo splendore la luce del sole e di notte illumina la terra. Una falce di luna le splende nelle nere trecce e una stella le brilla in fronte. Quand’ella cammina sembra che scivoli sull’acqua e la sua voce sembra il canto della sorgente. Vorrei che quella fanciulla diventasse mia sposa … ma questo non è che un sogno. Un lungo silenzio seguì queste parole. Non si sentiva che il mormorio delle onde e il fruscio del vento. Infine la dolce principessa Cigno rispose esitante. - La fanciulla che cerchi esiste veramente, mio principe, ma sei proprio sicuro di volerla sposare? Pensaci bene, per non doverti pentire in seguito. - Ci ho pensato abbastanza e ormai ho deciso. Stanotte stessa partirò per andare alla ricerca della fanciulla dalla stella in fronte. - Non c’è bisogno che tu parta, mio principe – sussurrò allora il cigno. – Attendi e vedrai … "
("Zarevna-Cigno" di M.Brubel)

 


  E davanti agli occhi del principe accadde un fatto straordinario. Il cigno aprì le ali come per volare via, tese verso l’alto il lungo collo; una nube di spuma lo nascose agli occhi del principe, poi … una fanciulla di meravigliosa bellezza apparve al suo posto: una falce di luna le splendeva nelle nere trecce e una stella le brillava in fronte; ella camminava sull’acqua lieve come un cigno che scivoli sulle onde e quando parlava la sua voce era armoniosa come il canto della sorgente. - Sono io la fanciulla che cercavi – ella disse. – E, se tu vuoi, sarò la tua sposa. Il principe la prese per mano e la condusse davanti a sua madre. I due giovani s’inginocchiarono davanti a lei e Guidone pregò: - Questa è la sposa che ho scelto, mamma. Dacci il tuo consenso e la tua benedizione, perché i tuoi figli possano vivere nella gioia e nell’amore. Felice,

 

la zarina benedisse i due giovani e, la sera stessa si celebrarono le nozze. A vele spiegate, la nave correva sulle onde, sospinta dal vento. Passò davanti l’isola dalle torri spendenti, i cannoni sparano a salve e la nave entrò in porto. I naviganti sono introdotti nella sala del trono dal principe Guidone. Accanto a lui siede la principessa Cigno e un dolce chiarore la circonda. - In che cosa commerciate, miei ospiti? – s’informa il principe. – Verso quale terra siete diretti? - Ci siamo recati in terre lontane, principe, e abbiamo commerciato in spezie. Ora stiamo facendo ritorno in patria, la terra del glorioso zar Saltan. - Che il mare vi sia propizio, miei ospiti, e le onde non vi travolgono. Quando giungerete in patria, recate il mio saluto allo zar Saltan e ricordategli la sua promessa di venirmi a trovare. I naviganti ripartirono, ma questa volta il principe Guidone non li seguì pensieroso sulla riva del mare, con lo sguardo rivolto alle vele fuggenti. Questa volta il principe restò felice nella reggia, accanto alla sua sposa luminosa. Nulla più lo spingeva ad andare sull’ampio mare. Il veliero giunse nel porto, le bianche vele spiegate; i naviganti furono invitati a corte dallo zar. Egli sedeva sul suo trono d’oro lucente e un pensiero tormentoso gli oscurava il volto.

 

Le tre donne gli sedevano accanto sospettose. Saltan invitò gli ospiti a banchetto e poi prese a interrogarli: - Ditemi, naviganti, quali terre avete visitato? Quali nuove meraviglie avete visto? [ lo zar saltan guidone e la principessa cigno] - Abbiamo visitato lontane contrade e abbiamo visto molte meraviglie, sire. Ma la meraviglia più grande è stata questa: in un’isola una volta deserta è sorta una grande città dalle cupole risplendenti al sole. Nel giardino della reggia c’è uno scoiattolo che sgranocchia noccioline d’oro con la mandorla di smeraldo. Attorno alle mura ci sono trentatré guerrieri che escono ogni giorno dal mare schiumeggiante per venire a custodire la città. E nella sala delle udienze c’è una fanciulla di straordinaria bellezza, con una falce di luna nei capelli e una stella in fronte. Quand’ella cammina pare un cigno che scivoli sull’acqua e quando parla sembra una sorgente che mormori il suo canto. Ella è la sposa del principe Guidone, che ti saluta e ti rinnova il suo invito. Allora lo zar prese la grande decisione: fece allestire la flotta e si preparò al lungo viaggio. Invano, questa volta, le due invidiose sorelle e la vecchia comare Barbarica tentarono di trattenerlo. - Lasciatemi! – egli gridò sdegnosamente. – Sono o non sono lo zar? – E se ne uscì a grandi passi.

 



  Su una torre del castello il principe Guidone scrutava il mare in lontananza. Alcuni gabbiani roteavano pigramente sull’acqua, lanciando ogni tanto il loro stridulo grido. Ma null’altro, né uomo né animale, rompeva il silenzio e la solitudine del luogo. Eppure … c’era qualcosa laggiù, un puntino che s’ingrandiva via via che s’avvicinava … sì, era una grande vela bianca, era il veliero dello zar Saltan! Quando la nave approdò nel porto, i cannoni spararono a salve e le campane sonarono gioiosamente. Guidone stesso si recò incontro al padre, si prostrò ai suoi piedi, poi, in silenzio, lo precedette verso la reggia. Schierati ai cancelli della reggia, c’erano i trentatré guerrieri e l’antico eroe Tcernomor, che presentarono le armi allo zar. Nel giardino, lo scoiattolo fatato sgranocchiava noccioline d’oro e cantava la sua gaia canzoncina.

Изображение пользователя Владиславовна.

Re: Для Chiksa

Chiksa

Спасибо! Cool



Сердце, в котором есть любовь, способно вместить в себя всю Вселенную, и в нем еще останется место.
Изображение пользователя Владиславовна.

Re:

target пишет:

Прочитала мужу, ему очень понравилось! Cool Передавал большое спасибо!

Ну и от меня тоже, естественно!

Это замечательно! Молодец! Мне кажется в этом и заключается наша небольшая, но очень важная роль, мы, как мосты между двумя культурами и, благодаря нам итальянские люди узнают о русской культуре (я обобщаю и украинской и белорусской и всех 15 республик) и лучше понимают нас, а мы благодаря им, мужьям узнаём об итальянской культуре и это тоже очень здорово! И два наших народа становятся ближе друг другу и дружелюбнее друг к другу! Cool



Сердце, в котором есть любовь, способно вместить в себя всю Вселенную, и в нем еще останется место.
Изображение пользователя Chiksa.

Re: Сказка о царе Салтане. Пушкин. Перевод на итальянский язык.

TEREMOK

(La piccola casa)

 

 

Stava nel campo la piccola casa. Passa il topolino-tana. Ha visto la casa, si è fermata e dice:

- Casa - casetta! Chi abita nella casa? Nessuna risposta. Lei è entrata e ha cominciato a viverci.

È arrivata la rana-ranocchia e dice:

- Casa - casetta! Chi abita nella casa?

- Io sono il topolino - tana! E tu chi sei?

- Sono la rana - ranocchia!

- Vieni vivere con me! La rana è saltato dentro e hanno cominciato a vivere insieme.

Passa vicino alla casa la leprina. Ha visto la casa, si è fermato e dice:

- Casa - casetta! Chi abita nella casa?

- Io sono il topolino - tana!

- Io sono la rana - ranocchia!

- E tu chi sei?

- Sono la leprina.

- Vieni vivere con noi! La lepre è saltata dentro e hanno cominciato a vivere insieme.

Passa vicino alla casa la volpina-sorellina. Ha visto la casa, si è fermata e dice:

- Casa - casetta! Chi abita nella casa?

- Io sono il topolino - tana!

- Io sono la rana - ranocchia!

- Io sono la leprina!

- E tu chi sei?

- Sono la volpina-sorellina.

- Vieni vivere con noi! La volpe è saltata dentro e hanno cominciato a vivere in quatro.

È arrivato il lupo-fianco grigio e dice:

- Casa - casetta! Chi abita nella casa?

- Io sono il topolino - tana!

- Io sono la rana - ranocchia!

- Io sono la leprina!

- Io sono la volpina-sorellina.

- E tu chi sei?

- Sono il lupo-fianco grigio

- Vieni vivere con noi! Il lupo è saltato dentro e hanno cominciato a vivere in cinque. Vivono insieme e cantano le canzone.

L¢ improvviso è arrivato l¢ orso - goffo. Ha visto la casa, ha sentito le canzone, si è fermato e ha cominciato a muggire.

- Casa - casetta! Chi abita nella casa?

- Io sono il topolino - tana!

- Io sono la rana - ranocchia!

- Io sono la leprina!

- Io sono la volpina-sorellina!

- Io sono il lupo-fianco grigio!

- E tu chi sei?

- Sono l¢ orso - goffo!

- Vieni vivere con noi! L¢ orso ha cominciato salire dentro - ma non riuscito di entrare.

Dice meglio vado a vivere sul tetto.

- Ci schiacci!

-No, non vi schiaccio!

- Va bene. Allora prova a salire.

Appena lui è salito sul tetto, il tetto si è rotto e la casa è caduta. Appena appena sono riusciti scappare dalla casetta il topolino-tana, la rana - ranocchia, la leprina, la volpina-sorellina, il lupo-fianco grigio - tutti sono sani!

Hanno cominciato di portare i tronchi, tagliare le asse - ricostruire la casa nuova.

La casa nuova venuta meglio della vecchia!

 

 

Изображение пользователя target.

Re: Сказка о царе Салтане. Пушкин. Перевод на итальянский язык.

Прочитала мужу, ему очень понравилось! Cool Передавал большое спасибо!

Ну и от меня тоже, естественно! 

Изображение пользователя Владиславовна.

Re: Сказка о царе Салтане. Пушкин. Перевод на итальянский язык.

Silvano пишет:
Было время, или может до сих пор есть, когда по rai uno показывали все старые русские мультики

Здорово!Cool



Сердце, в котором есть любовь, способно вместить в себя всю Вселенную, и в нем еще останется место.
Изображение пользователя Владиславовна.

Re: Сказка о царе Салтане. Пушкин. Перевод на итальянский язык.

Augusta пишет:
Танюш,здорово!Начала читать,интересно очень.Именно как перевели.А кто переводчик?

http://www.mandolino-balalajka.it/viewtopic.php?t=43 



Сердце, в котором есть любовь, способно вместить в себя всю Вселенную, и в нем еще останется место.
Изображение пользователя Владиславовна.

Re: Сказка о царе Салтане. Пушкин. Перевод на итальянский язык.

Chiksa пишет:

Если кому-то интересно то могу написать вам сказки Колобок, Теремок и курочка-ряба

Конечно Chiksa интересно! Пиши! 



Сердце, в котором есть любовь, способно вместить в себя всю Вселенную, и в нем еще останется место.
Изображение пользователя mimmina.

Re: Сказка о царе Салтане. Пушкин. Перевод на итальянский язык.

Chiksa, ставь конечно... я вот уже поставила мой перевод сказки "Репка"Cool

http://www.italia-ru.it/blog/mimmina

Изображение пользователя Chiksa.

Re: Сказка о царе Салтане. Пушкин. Перевод на итальянский язык.

Если кому-то интересно то могу написать вам сказки Колобок, Теремок и курочка-ряба

Изображение пользователя mimmina.

Re: Сказка о царе Салтане. Пушкин. Перевод на итальянский язык.

Сейчас, кажется на rai tre показывают (день не знаю точно)
Изображение пользователя Augusta.

Re: Сказка о царе Салтане. Пушкин. Перевод на итальянский язык.

Танюш,здорово!Начала читать,интересно очень.Именно как перевели.А кто переводчик?
Изображение пользователя Silvano.
Почетный участник

Re: Сказка о царе Салтане. Пушкин. Перевод на итальянский язык.

Было время, или может до сих пор есть, когда по rai uno показывали все старые русские мультики

Настройки просмотра комментариев

Выберите нужный метод показа комментариев и нажмите "Сохранить установки".
Наверх страницы

Отели в Италии